Per il presidente della Regione Lombardia bisogna “aumentare il grado di autonomia dei territori, il Mezzogiorno deve avere il coraggio di mettersi in gioco senza nascondersi dietro paraventi”. Barbagallo: “se al Sud non c’è la rivoluzione è perché c’è illegalità diffusa, altro che assistenzialismo”.

La prima giornata del Forum di Cernobbio si è chiusa con l’intervento del presidente della Regione Lombardia,  Attilio Fontana, che dopo aver sottolineato che la Lombardia è “la regione che costa meno al Paese pur offrendo servizi superiori alla media”, ha evidenziato la sua sorpresa per “l’accentuarsi del divario Nord-Sud anche negli anni della crisi”. Per risolvere la questione, per il Governatore, “non servono piani Marshall, ma uno shock sostanziale sul piano fiscale che potrebbe essere moltiplicato aumentando il grado di autonomia dei territori senza che questi possano nascondersi dietro il paravento dell’assistenzialismo”. Ecco, il Sud per Fontana “deve avere il coraggio di mettersi in gioco rinunciando proprio alla logica dell’assistenzialismo e in questo senso il reddito di cittadinanza va tenuto il più lontano possibile”. Sono poi determinanti “una formazione sempre più legata ai tempi e alle necessità del mondo del lavoro”, innovazione, ricerca, internazionalizzazione delle aziende. La parola è quindi passata a Nicola Viesti, docente di Economia applicata all’Università di Bari, che ha spiegato che “in tutta l’Europa stanno aumentando molto le disparità regionali. La riduzione delle differenze interne ai singoli Paesi si è fermata e ovunque sono aumentate di molto le disparità territoriali, anche tra aree urbane e campagne”. Nello stesso tempo, però, negli ultimi anni sono cambiati i rapporti tra gli Stati, con l’Europa dell’Est in forte espansione a scapito dell’Europa meridionale. Il presidente dell’Istat, Giorgio Alleva, ha quindi fatto un’analisi storica del divario tra le regioni italiane per poi arrivare all’attualità e analizzare le differenze in termini di export e occupazione, sottolineando in particolare come negli anni della crisi “il Sud ha perso 610mila posti di lavoro”. Il quadro non è comunque, e per fortuna, tutto nero, visto che nel 2017 confortanti segnali di ripresa dell’occupazione si sono avuti, ad esempio, nelle aree di Pescara, Bari e Vibo Valentia. Per il segretario generale della Uil, Carmelo Barbagallo, “se al Sud non c’è la rivoluzione, date le condizioni economiche di cui stiamo discutendo, è perché c’è illegalità diffusa, altro che assistenzialismo. Quando la faremo una santa alleanza per sconfiggere questo fenomeno?”. Non è dunque l’assistenza a servire, “ma l’infrastrutturazione, materiale e immateriale”.