Mentre da tutte le parti imperversano gli slogan, le categorie economiche restano con i piedi per terra. Fanno i conti e constatano che i margini sono strettissimi. L’importante è non peggiorare le cose e sburocratizzare.
Mentre da tutte le parti imperversano gli slogan, le categorie economiche restano con i piedi per terra. Fanno i conti e constatano che i margini sono strettissimi. L’importante è non peggiorare le cose e sburocratizzare. “Partiamo da una premessa Sappiamo bene che nella realtà non c’è mai stato un sistema fiscale perfetto. Ma quello che da troppo tempo ha preso forma in Italia è esattamente l’opposto: un sistema fiscale perfettamente sbagliato”, premette Vincenzo De Luca, responsabile Fisco per Confcommercio. “Un sistema in cui, ad un’alta pressione fiscale, si associa un’eccessiva burocrazia ed un’incertezza delle norme. Ciò premesso, affinché il nostro Paese possa, finalmente, dotarsi di un sistema fiscale più equo, più semplice e più moderno, è necessario avere obiettivi primari di politica fiscale sui seguenti punti: eliminare gli aumenti dell’Iva previsti a partire dal 2019, riformare l’lrpef, riordinare e ridurre la tassazione locale”. …. “nel 2019 sono previsti aumenti dell’iva per oltre 12 miliardi di euro, e di oltre 19 miliardi di euro a partire dal 2020. Nell’attuale contesto economico – ha osservato De Luca – un ulteriore innalzamento della tassazione sui consumi, e in particolare dell’iva, avrebbe effetti catastrofici sui bilanci delle famiglie e penalizzerebbe i livelli di reddito medio-bassi. E’ necessario, pertanto, sia attraverso una seria politica di revisione e contenimento della spesa pubblica improduttiva, sia attraverso interventi di contrasto all’evasione fiscale, scongiurare gli aumenti delle aliquote Iva previsti”. Scendendo nel dettaglio, la vera urgenza si chiama Iva. Viene da chiedersi però una cosa: se si fanno saltare gli aumenti connessi alle clausole, dove si prendono i soldi per non sballare i conti? Pochi dubbi su dove reperire le risorse. Secondo De Luca, “il gettito Iva del nostro Paese deve aumentare non attraverso l’aumento delle aliquote d’imposta ma attraverso la riduzione del ‘gap, ovvero l’evasione dell’imposta sui consumi che ammonta ad oltre 40 miliardi di euro. E poi con la fatturazione elettronica, ricordo introdotta, obbligatoriamente, in Italia a partire dal 2019, che può essere un efficace strumento per ridurre il buco di gettito», spiega De Luca. Non finisce qui. L’altro mostro si chiama Irpef, latitante da non meno di tre decenni. Anche qui le piccole imprese hanno le idee piuttosto chiare su cosa fare. “E’ assolutamente necessario partire dall’eliminazione delle attuali distorsioni dell’imposta che la rendono, oltre che gravosa, complessa ed iniqua. Serve una riduzione del prelievo e una certa dose di semplificazione, per un’imposta che preveda poche aliquote e l’introduzione di una no tax area, che possiamo chiamare anche soglia di esenzione o di povertà”. Per il dirigente Confcommercio è facile intuire come chiudere il cerchio. “L’introduzione di una no tax area uguale per tutte le categorie di contribuenti consentirebbe di eliminare le attuali detrazioni da lavoro che determinano ingiustificate disparità di trattamento per cui, oggi, si è considerati incapienti se il reddito da lavoro dipendente o da pensione non è superiore ad 8.000 euro. Un sistema fiscale equo determina una soglia di povertà uguale per tutti, qualunque sia la categoria reddituale”. In pratica una specie di Flat tax ma formato Irpef. “Nella sostanza sì, in questo modo si avrebbe come effetto sia la riduzione del prelievo su lavoratori ed imprese, sia la semplicità di imposizione, garantendo, al contempo, la progressività dell’imposta”. Anche qui, è lecito domandarsi: e le coperture? “Nessun problema. Le risorse finanziarie necessarie ad attuare la riforma potrebbero essere trovate, in primis, nella riduzione della spesa pubblica improduttiva e nelle maggiori entrate derivanti dalla lotta all’evasione fiscale. Parte di esse, inoltre, potrebbero essere reperite anche riordinando le agevolazioni fiscali con l’obiettivo di eliminare quelle non più giustificate da esigenze sociali ed economiche”. Terzo e ultimo buco nero del Fisco, i tributi locali. “Facciamola finita con quel circolo vizioso che porta al continuo e sproporzionato incremento della fiscalità locale: lo Stato taglia i trasferimenti agli enti locali ma non riduce le imposte di propria competenza. E così Comuni e Regioni – per sopperire ai tagli dei trasferimenti – aumentano i propri tributi, spesso anche in misura superiore a quanto effettivamente occorra C’è poco da fare, bisogna riordinare, semplificare e ridurre la tassazione locale, introducendo un’unica vera imposta comunale sugli immobili – la local tax – che includa tutti gli attuali tributi locali che gravano sugli stessi e che sia totalmente deducibile per gli immobili strumentali delle imprese”. E la Flat Tax, bandiera da combattimento di Lega e Forza Italia? Anche qui, molta lucidità. Più uno spot che una strada percorribile a detta dei commercianti. “Porterebbe all’abbattimento della pressione fiscale certo, ma il problema sono le coperture. Che non si sa da dove possano saltare fuori visto che non si trovano nemmeno le risorse per disinnescare gli aumenti dell’Iva”, sentenzia De Luca. “A conti fatti con questo deficit e questo debito è impossibile. Indubbiamente l’idea di una tassa piatta è suggestiva, ma serve buon senso e ridurre la pressione fiscale facendo deficit è una cattiva medicina, sempre”.
tratto da “Economy” di Gianluca Zapponini
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