Bisogna emanare una legge nazionale che tuteli 30.000 imprese balneari italiane a rischio chiusura
“Le dichiarazioni dell’ex Commissario europeo Frits Bolkestein anche se, come è noto, non costituiscono alcuna interpretazione autentica della Direttiva europea che porta il suo nome (in quanto la stessa spetta alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea) aiutano, comunque, nella giusta battaglia che gli imprenditori balneari italiani stanno portando avanti da oltre dieci anni contro la messa ad evidenza pubblica delle loro aziende” afferma Riccardo Borgo, presidente del S.I.B. Sindacato Italiano Balneari/FIPE – Confcommercio.
Si conferma, infatti, che né la Commissione europea, allora in carica, e neppure il Parlamento europeo del 2006 prevedevano gli effetti destabilizzanti che quell’atto avrebbe contribuito a creare in settori nevralgici e cruciali della nostra economia.
A tal proposito non è di alcuna utilità nascondere – per dovere di chiarezza nei confronti dei balneari italiani e per costruire un corretta ed efficace soluzione normativa – che l’obbligo della pubblica evidenza non nasce con la Direttiva Bolkestein in quanto è il frutto di una interpretazione giurisprudenziale e amministrativa italiana sorta anteriormente alla stessa (e indipendentemente da questa), in riferimento sia agli artt. 49 e 56 del Trattato sul funzionamento dell’Unione che dell’art. 97 della nostra Costituzione.
Così come non aiuta sostenere che, come da taluno viene affermato, le dichiarazioni dell’ex Commissario Bolkestein abbiano ormai risolto il problema o che lo stesso possa trovare una sua soluzione solo in ambito europeo. E questo per evitare, (magari intenzionalmente), che si perda ancora ulteriore tempo. Si tratta di emanare una legge nazionale che tuteli queste 30.000 aziende italiane a rischio di chiusura.
Del resto la Spagna per la tutela dei concessionari di quel Paese non è “andata in Europa” per emanare una sua propria legge di settore: l’ha emanata punto e basta! E, come da tempo sosteniamo, lo si deve fare subito, senza indugio, visto che le nostre concessioni vanno a scadere nel 2020.
Ma lo si deve fare, soprattutto, con la dovuta perizia per evitare che la legge venga inficiata dalla Corte Costituzionale, dal Consiglio di Stato o dal primo TAR, come purtroppo stiamo assistendo da ormai troppo tempo. Tutto questo i balneari italiani lo aspettano da oltre 10 anni e lo hanno rivendicato nei confronti di tutti i governi che, nel frattempo, si sono succeduti (ben cinque e di ogni schieramento politico). “Ci auguriamo – conclude Borgo – che sia questo il Parlamento che ponga, finalmente, fine a questa angosciante incertezza di un settore così importante sia per la nostra economia che per l’occupazione”.