Le nuove disposizioni, con apertura a fasi alterne non offrono certezze agli operatori dei pubblici esercizi, già duramente provati da mesi di difficoltà e molti scelgono quindi di non aprire.
Spiega Enrico Calvi, presidente provinciale della Fipe, la Federazione dei Pubblici esercizi: «Io ho scelto di non aprire il mio locale per mancanza di certezze. Il nostro lavoro, se fatto seriamente, prevede programmazione e impegni certi con fornitori, clienti e collaboratori. È poco serio pensare che si possa navigare a vista, giorno dopo giorno. Siamo consapevoli che in questo momento ci siano persone che soffrono per colpa di questo virus e siamo solidali con loro, ma chiediamo di poter portare avanti la nostra azienda con serietà e dignità. Non a caso, quella di non riaprire per il momento è una scelta condivisa da molti colleghi in tutta la provincia di Imperia. Bisognerebbe per lo meno consentire un’apertura dei locali fino alle 21 o 22, anche perché certi nostri esercizi hanno un pubblico prettamente serale e non possono reinventarsi diversamente».
Andrea di Baldassarre, presidente Confcommercio di Sanremo e titolare di locali sottolinea: «La maggior parte delle nostre attività non apre. È l’ennesima dimostrazione del fatto che il Governo non ha la minima conoscenza del lavoro di un pubblico esercizio. In una situazione come questa servono prese di posizione serie da parte di chi governa. Era meglio dire chiaro di chiudere e provvedere a ristori seri, invece ci fanno aprire a singhiozzo, cosa improponibile e non giungono ristori adeguati. Senza contare che con bar e ristoranti chiusi, i dati del contagio sono cresciuti. Nel frattempo il nostro settore, avvolto nell’incertezza anche per i prossimi mesi, viene letteralmente ucciso. Ci sono attività che hanno la fortuna di poter lavorare almeno in orari previsti dai Decreti, ma altre attività non lo possono fare. Oggi si guarda a cosa fare per perdere di meno, non per guadagnare di più. E per molti a questo punto conviene restare chiusi».
Particolare è il caso di discoteche e locali da ballo, chiusi quasi ininterrottamente da circa un anno e dimenticati. Tommy Osella, responsabile locali da ballo di Confcommercio sottolinea: «Il nostro settore, a parte una breve parentesi estiva di una ventina di giorni, che è servita a ben poco, è praticamente quasi un anno che è bloccato. E la cosa più grave è che al momento non ci sono prospettive. Di discoteche e locali da ballo in generale nemmeno si parla in questo momento e se la prossima estate ci faranno aprire, bisognerà vedere a quali costi. E nemmeno si parla più di ristori per il nostro settore. Purtroppo abbiamo notizia di colleghi che hanno già chiuso la società e non apriranno più e altri che stanno provando a trasformare l’attività, cosa comunque non facile, che non tutti possono fare. E anche trasformandosi, l’orario di chiusura dei pubblici esercizi alle 18 non aiuta affatto».