Il premier annuncia che venerdì,l’Italia dirà sì ai fondi europei per un progetto che il governo non può fermare per un motivo semplice: fermare la Torino-Lione non farebbe gli “interesse nazionali” perché costerebbe di più agli italiani. Bagarre nel M5S, Salvini: “peccato per il tempo perso”.
“Oggi bloccare la Tav costerebbe più che completarla”. In una breve diretta, studiata a lungo e diffusa solo in serata, il premier Giuseppe Conte impone quella che, nel M5S, è una sorta di rivoluzione copernicana: il sì alla Tav. Venerdì, annuncia, l’Italia dirà sì ai fondi europei per un progetto che, il governo non può fermare per un motivo semplice, scandito da Conte: un’alternativa al Tav non c’è e fermare la Torino-Lione non farebbe gli “interesse nazionali” perché costerebbe di più agli italiani. E’ un fulmine a ciel sereno, quello che Conte lancia sull’universo M5S. Un fulmine che rischia di far traballare seriamente anche il titolare del Mit Danilo Toninelli. Al Mit, dopo le parole di Conte, si ribadisce che Toninelli resta fortemente contrario all’opera ma, allo stesso tempo, trapela soddisfazione per l’attestazione fatta da Conte pubblicamente al lavoro del ministro sui fondi Ue. Lavoro, si sottolinea, che permetterà un risparmio di 3 miliardi di euro per l’Italia, pronti per essere spesi in altri opere. E il M5S, consapevole di una decisione in qualche modo attesa, non tarda a mettere in campo la sua strategia agganciandosi all’unico appiglio fornito da Conte: una decisione del Parlamento che ribalti quella del governo. “Rispetto Conte ma il M5S presenterà un atto in Parlamento e decideranno le Camere. Per noi la Tav è dannosa”, annuncia Luigi Di Maio perseguendo così anche un secondo obiettivo: rendere plastico, in Aula, il “soli contro tutti” che, quando era all’opposizione, ha portato il Movimento in cima ai consensi. “Abbiamo ricevuto attacchi fantasiosi di una nostra presunta alleanza col Pd. Tutto falso. Ma fra non molto potremo vedere con i nostri occhi chi decide di andare a braccetto con Renzi, Monti, Calenda, la Fornero e Berlusconi. Il Parlamento restituirà a tutti la verità dei fatti”, avverte Di Maio. Con l’uscita sulla Tav il premier, assumendosene pienamente la responsabilità e allargando l’autonomia del suo ruolo dall’alleanza giallo-verde, elimina la più grande delle mine che giacevano sotto il governo. Un esempio? Al question time che vedrà proprio Conte in Aula alla Camera, la Lega aveva pronta un’interrogazione sulla Tav. Interrogazione che chissà se la Lega confermerà. Conte, di fatto, toglie dal campo uno degli incidenti più probabili che Matteo Salvini avrebbe potuto cavalcare per scaricare sull’alleato la responsabilità della crisi. Non è, quella del premier, una posizione di principio: Conte ribadisce di non aver cambiato idea rispetto alla conferenza stampa del 7 marzo in cui spiegò che lui quell’opera non l’avrebbe mai fatta. “Ma non è stato questo governo a dire sì al progetto”, ricorda Conte. E ora, con l’aumento dei fondi Ue fino al 55% “l’impatto finanziario per l’Italia è destinato a cambiare dopo l’apporto europeo e i costi che potrebbero ulteriormente ridursi in seguito all’interlocuzione con la Francia sulle nuove quote di finanziamento della tratta transfrontaliera”. Non solo. Bloccare la Tav per fare un progetto alternativo significherebbe farlo da soli. “Con Macron ho insistito a lungo sul piano B ma la Francia è contraria”, sottolinea Conte. Salvini gioisce ma neppure questa volta risparmia una frecciata. “La Tav si fa, come giusto e come chiesto dalla Lega. Peccato per il tempo perso”, sottolinea il leader leghista che ignorerà plasticamente l’informativa del premier sulla Russia, avendo convocato oggi allo stesso orario, le 16, il Comitato per l’ordine e per la sicurezza. Ciò vuol dire, però, che Salvini non dovrebbe essere in Aula a parlare dai banchi della Lega subito dopo Conte, fatto quest’ultimo, che avrebbe rappresentato un plastico strappo dal premier. Certo, la pressione dei dirigenti leghisti su Salvini per rompere non è mai stata forte come in queste ore: è una pressione che coinvolge governatori, ministri, parlamentari. E si nutre, in questi giorni, dell’ira del Nord leghista sull’impasse sull’autonomia, dossier che ieri ha visto saltare le due riunioni previste a Palazzo Chigi e che, plausibilmente, non sarà neanche al prossimo Cdm. “Il silenzio di Palazzo Chigi preoccupa”, tuona Attilio Fontana. E qualcuno, nella Lega, dà un’ultima chance alla rottura: che l’intervento di Conte sul caso fondi russi sia visto, magari anche strumentalmente, come una provocazione da Salvini, che a quel punto potrebbe strappare. Ma sono solo ipotesi. La decisione di Salvini, al momento, è quella di ieri. I contatti con Di Maio sono flebili ma non del tutto assenti. Il governo, per ora, naviga a vista ma tiene.
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