A cura di Gianni Tel
Una prestazione utile a chi, chiudendo definitivamente il proprio esercizio commerciale, resta in attesa di pensione
Un indennizzo pari a poco più di 500 euro al mese. Ecco a quanto ammonta il trattamento per gli operatori commerciali che decidono di cessare l’attività. Il beneficio, già previsto dal 1996, di cui la categoria ha potuto usufruire fino al dicembre 2016, è stato ripristinato con la Legge di Bilancio 2019 (Legge n. 145 del 30 dicembre 2018, commi 283 e 284). Un atto fortemente voluto dalla Confcommercio, vista la persistente crisi del settore. La prestazione funziona come un ammortizzatore sociale, per accompagnare fino alla pensione coloro che lasciano definitivamente l’attività. L’opportunità è stata nuovamente prevista in forma strutturale cioè per gli anni a venire dal 1° gennaio 2019. Di conseguenza, sempre da gennaio, è stata anche confermata l’aliquota contributiva dello 0,09%, nella misura e secondo le modalità previste, dovuta appunto da tutti gli iscritti alla gestione commercianti Inps. È stato anche stabilito che, qualora l’andamento del Fondo (attualmente pari a 250 milioni di attivo) per il finanziamento dovesse essere avverso, la suddetta aliquota potrà essere rivista.
» DESTINATARI
Sono tutti coloro che esercitano, titolari o collaboratori, l’attività commerciale al minuto in sede fissa o ambulante, i gestori di bar e ristoranti, gli agenti e rappresentanti di commercio.
» REQUISITI E CONDIZIONI
È necessario che gli interessati che hanno cessato o cesseranno l’attività entro il 31 dicembre 2019, abbiano più di 62 anni di età, se uomini, o più di 57 anni, se donne, e vantino un’iscrizione al momento della cessazione dell’attività per almeno 5 anni, in qualità di titolari o collaboratori, nella gestione degli esercenti attività commerciali istituita presso l’Inps. Sono necessari altresì:
• la cessazione definitiva dell’attività;
• la riconsegna dell’autorizzazione per l’attività di somministrazione al pubblico di alimenti e bevande (nel caso in cui quest’ultima sia esercitata con l’attività di commercio al minuto);
• la cancellazione del titolare dell’attività dal Registro delle Imprese;
• la cancellazione del titolare dal Registro degli Esercenti il Commercio per l’attività di somministrazione al pubblico di alimenti e bevande;
• la cancellazione dal ruolo provinciale degli Agenti e Rappresentanti di Commercio.
» INCOMPATIBILITÀ DEL BENEFICIO
L’indennizzo è incompatibile con attività di lavoro autonomo o subordinato e la corresponsione del beneficio termina dal primo giorno del mese successivo a quello in cui sia stata ripresa l’attività lavorativa, dipendente o autonoma. Il beneficiario deve comunicare all’Inps la ripresa dell’attività entro 30 giorni dal suo verificarsi. A sua volta l’Inps deve effettuare i controlli sul rispetto della norma.
» MISURA, DURATA E MODALITÀ DI EROGAZIONE
L’indennizzo compete dal primo giorno del mese successivo a quello di presentazione della domanda e fino al momento in cui si potrà percepire la pensione di vecchiaia. Ciò significa che, rispetto al passato, l’indennizzo avrà una durata superiore ai tre anni, visto che l’assegno viene erogato fino al momento di compimento della nuova età pensionabile, adeguata agli incrementi della speranza di vita (vedi riquadro). L’importo – pari quest’anno a 513 euro mensili – è identico al trattamento minimo di pensione concesso dall’Inps ai commercianti iscritti alla gestione. L’Istituto ritiene che la titolarità di un trattamento pensionistico non impedisca la concessione dell’indennizzo. In una situazione del genere potrebbero trovarsi i titolari di assegno di invalidità, di pensione di anzianità, nonché le vedove e i vedovi che hanno una rendita di reversibilità. Per ottenere la prestazione occorre inoltrare all’Inps un’apposita domanda. I periodi in cui viene riscosso l’assegno si considerano come lavorati ai fini della pensione.
Ma attenzione: la contribuzione figurativa si somma a quella di lavoro solo per raggiungere il diritto, in quanto lo scopo della prestazione è di evitare che il commerciante con pochi versamenti possa restare senza reddito e pensione.
» LE DOMANDE PER I “NUOVI” E “VECCHI” COMMERCIANTI
La Legge di Bilancio di quest’anno non ha solo riattivato l’incentivo per chi matura i requisiti e le condizioni dal 1° gennaio 2019; ma dovrebbe anche riaprire i termini per le “vecchie” chiusure, ossia quelle avvenute entro il 31 dicembre 2016 da parte di coloro che hanno maturato i requisiti dal 1° gennaio 2017 al dicembre 2018. Su questa sanatoria si sono già concretamente attivate sia la Confcommercio sia il Patronato 50&PiùEnasco, affinché prima il Ministero del Lavoro e poi l’Inps diano una positiva interpretazione alle norme in esame. Attenzione: va precisato che, in ogni caso (ai “nuovi” e/o ai “vecchi”), la decorrenza dell’indennizzo non può essere antecedente al 1° gennaio 2019, primo giorno del mese successivo all’entrata in vigore della Legge e, comunque, tale prestazione viene concessa dal primo giorno successivo alla presentazione della domanda.
Si consiglia, data la non semplice procedura, di rivolgersi agli uffici del Patronato 50&PiùEnasco i quali, gratuitamente, dopo un’attenta verifica dei requisiti, possono provvedere alla predisposizione dell’apposita domanda online e all’inoltro presso l’Inps.
FINO A QUANDO SPETTA L’INDENNIZZO
PERIODO ETÀ PER LA PENSIONE DI VECCHIAIA
LAVORATRICI ISCRITTE ALLA GESTIONE COMMERCIANTI DELL’INPS
Dal 1° gennaio 2016 al 31 dicembre 2018
66 anni e 1 mese
Dal 1° gennaio 2019 al 31 dicembre 2020 67 anni *
Dal 1° gennaio 2021 al 31 dicembre 2022 67 anni e 3 mesi **
Dal 1° gennaio 2023 al 31 dicembre 2024 67 anni e 5 mesi **
LAVORATORI ISCRITTI ALLA GESTIONE COMMERCIANTI DELL’INPS
Dal 1° gennaio 2016 al 31 dicembre 2018
66 anni e 7 mesi
Dal 1° gennaio 2019 al 31 dicembre 2020 67 anni *
Dal 1° gennaio 2021 al 31 dicembre 2022 67 anni e 3 mesi **
Dal 1° gennaio 2023 al 31 dicembre 2024 67 anni e 5 mesi **
* Requisito adeguato alla speranza di vita.
** Requisito da adeguare alla speranza di vita.
Verifica dei redditi: invito ai pensionati
È in corso da parte dell’Inps la verifica della situazione reddituale per tutti quei pensionati che percepiscono trattamenti economici legati, per legge, al rispetto di precisi limiti di reddito e che, nel 2018, non hanno provveduto a trasmettere all’Istituto le informazioni richieste relative all’anno 2017. Un controllo a tappeto che l’Inps è tenuto a fare ogni anno tramite appositi modelli (Red, Icric, Iclav, Aaas/Ps) a circa 7 milioni e mezzo di pensionati, per avere conferma che le prestazioni legate al reddito siano corrisposte a tutti coloro che ne hanno diritto. Come già negli anni precedenti, anche per il 2018 l’Inps ha seguito la modalità di raccolta delle informazioni reddituali con la collaborazione dei Caaf (Centri Autorizzati di Assistenza Fiscale) e attraverso l’utilizzo dei servizi online accessibili dal portale www.inps.it.
Oltre al 2017, la verifica riguarda anche i redditi posseduti nel 2016 per coloro che per detti anni non hanno risposto all’invito. Tali modelli debbono essere restituiti all’Inps entro e non oltre il 31 marzo 2019 tramite i consueti canali telematici. È evidente che la mancanza di comunicazione diretta provoca dimenticanze che i pensionati rischiano di pagare care. La non presentazione della dichiarazione, infatti, può comportare la sospensione di tali prestazioni. Districarsi nella compilazione non è agevole né piacevole. È per questo, come già previsto in passato, che gli interessati possono avvalersi dell’assistenza dei Caaf che sono da sempre autorizzati a tali operazioni attraverso l’apposita convenzione con l’Inps.
È importante ricordare che per non incorrere in errori nell’autodenuncia del reddito, che potrebbe portare a spiacevoli conseguenze, e per tutti i chiarimenti del caso negli uffici di 50&PiùCaaf e del Patronato 50&PiùEnasco, presenti in ciascuna provincia, è stato previsto un apposito servizio gratuito con esperti operatori che provvedono alla predisposizione dei modelli e a svolgere tutte le eventuali pratiche necessarie. Naturalmente andando agli uffici è importante portare con sé il precedente modello Red oppure un documento da cui si evinca il numero, categoria e sede di rilascio della pensione.
Quali redditi
Sia per la pensione minima che per la maggiorazione sociale, è il caso di ricordare che l’Inps considera tutti i redditi di qualsiasi natura, compresi quelli esenti o tassati alla fonte come gli interessi bancari e postali, i rendimenti da Bot e altri titoli. Nel computo rientrano anche le rendite Inail e gli assegni assistenziali. In altre parole, bisogna denunciare tutto con la sola eccezione dei redditi provenienti da:
• la casa di abitazione;
• le pensioni di guerra;
• l’assegno di accompagno;
• i trattamenti di famiglia;
• i sussidi erogati da Enti Pubblici senza carattere di continuità.
(Tratto da 50&Più, nr. 2 – Febbraio 2019, pagg. 86/87 – Tutti i diritti riservati)